MODIFICA CONDIZIONI DI DIVORZIO ex art. 473 bis 29 e segg c.p.c.

24/07/2024

Con ricorso ex art. 473 bis 29 e ss c.p.c. la sig.ra XXXX evocava in giudizio avanti il Tribunale di Varese il sig. YYYY al fine di ottenere l’attribuzione di assegno divorzile.

Analoga domanda, già formulata nel procedimento di divorzio, era stata rigettata con sentenza 26/05/2004; analogo esito aveva avuto la impugnazione avanti la Corte d’Appello.

Il ricorso era fondato sui seguenti motivi:

- la cessazione della convivenza intrattenuta dalla sig.ra XXXX per oltre 30 anni che era stata la causa della separazione con il sig. YYYY;

- la conseguente perdita dell’apporto economico fornito dal (ex) convivente;

- la titolarità di assegno sociale di € 700,00, ritenuto non congruo;

- il conferimento di procura speciale all’ex convivente per la vendita dell’immobile di proprietà, da lui in effetti conclusa a favore di se stesso.

Costituendosi in giudizio, il resistente eccepiva la inesistenza di circostanze nuove rispetto a quelle già segnalate, esaminate e respinte nei precedenti giudizi; osservava che l’interruzione della convivenza non fosse un fatto “nuovo”, ma, piuttosto, l’ “effetto” di una situazione da tempo esistente e, comunque, frutto di una decisione personale in quanto tale sottratta a valutazioni oggettive; eccepiva, infine, il mancato assolvimento dell’onere probatorio sulle circostanze evocate, anche ai fini della individuazione, attesa la natura composita dell’assegno divorzile, della sua funzione compensativa, perequativa ovvero assistenziale.

Con sentenza pubblicata il 20/07/2024, il Tribunale di Varese rigettava le domande attoree per i motivi che di seguito vengono riprodotti, e condannava la ricorrente alla rifusione delle spese legali nonostante essa fosse stata ammessa al pagamento a spese dello Stato.

La richiesta di assegno divorzile

La domanda non è fondata.

In via generale, quanto al richiesto assegno divorzile, preme evidenziare come l’evoluzione giurisprudenziale di legittimità abbia da ultimo chiarito la diversa natura dell’assegno di mantenimento riconosciuto in sede di separazione e di quello divorzile (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord. n. 5605 del 28/2/2020; ma anche Cass. civ., Sez. I, n. 17098 del 2019); invero, la Corte di Cassazione ha sottolineato le necessarie conseguenze in tema di quantificazione dell’assegno divorzile proprio sul rinnovato assunto che nella determinazione dell'assegno a norma dell’art. 5 della Legge n. 898/1970, quanto rileva è che, nella finalità anche perequativo-compensativa dallo stesso assolta (secondo la più recente, condivisa e persuasiva giurisprudenza), debba restare estranea ogni esigenza di mantenimento del pregresso tenore di vita. Tale assunto è stato affermato, stante l’obiettiva diversità degli istituti dell’assegno di mantenimento in sede di separazione personale (laddove il vincolo coniugale permane, seppur sfumato e temperato negli obblighi, ad es. nell’obbligo di fedeltà) e dell’assegno divorzile (laddove il vincolo viene meno, pur permanendo taluni obblighi di solidarietà più incisivi rispetto alla relazione fra due sconosciuti, in ragione della pregressa unione); invero, tali istituti assolvono ben distinte e differenti finalità.

Ebbene, con particolare riferimento all’assegno divorzile, l’art. 5 della Legge n. 898/1970 sul prevede: “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.”.

Nell’attività giurisprudenziale di concretizzazione dei criteri e dei presupposti necessari per il riconoscimento dell’emolumento disciplinato, costituisce ad oggi arresto di riferimento la pronuncia delle Sezioni Unite n. 18287 dell’11/07/2018, la quale ha costituito un motivato ma drastico superamento del precedente consolidato orientamento.

La Suprema Corte, prendendo le mosse dal principio costituzionale di pari dignità dei coniugi e della solidarietà e autoresponsabilità che caratterizzano la società familiare, ha valorizzato la funzione equilibratrice e perequativa dell’assegno di divorzio, con la precisazione che il giudizio volto al suo riconoscimento impone una valutazione composita e comparativa che trova nella prima parte dell’art. 5 sesto comma della legge sul divorzio i suoi vari indicatori.

Conseguentemente, l’assegno divorzile oggi risulta compartecipe di tre distinte nature: assistenziale, compensativa e risarcitoria.

Il Supremo Consesso ha spiegato: “Il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'art. 5, comma 6, della l. n. 898 del 1970, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell' assegno…La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all' assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.… Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto.”.

Nella fattispecie concreta, ritiene il Collegio che non ricorrano le condizioni per il riconoscimento di un assegno divorzile.

Ed invero, pacifico il carattere di sopravvenienza del venir meno della nuova relazione della ricorrente nonché dell’intervenuta vendita del bene immobile, unico cespite di proprietà della stessa, circostanze queste astrattamente idonee a giustificare la richiesta di una modifica del precedente provvedimento giudiziale del 2004 che aveva rigettato al domanda di assegno divorzile all’epoca, invero a monte non ricorrono i presupposti per il riconoscimento di una misura economica divorzile in favore della XXXX essendo certamente interrotto il nesso causale fra il divario reddituale degli ex coniugi e l’unione matrimoniale venuta meno che la avrebbe determinata nelle scelte operate in favore di tale nucleo.

D’altra parte, è pacifico che l’assegno richiesto dalla ricorrente sia invocato nella sua funzione assistenziale, non essendo allegate e/o dedotte circostanze inerenti le funzioni compensative o perequative.

Ebbene, il divario reddituale fra gli ex coniugi, anche ove effettivamente sussistente (la ricorrente è comunque percettrice di un assegno sociale per € 700,00 mensili), deriva causalmente dal venir meno della relazione con il nuovo compagno, circostanza questa certo non connessa eziologicamente con la relazione coniugale terminata con il divorzio del 2004.

Quanto, poi, alla intervenuta vendita dell’immobile abitativo della ricorrente, ad opera del nuovo compagno della stessa tramite procura speciale, non inficia in alcun modo la valutazione, in quanto eventuali doglianze inerenti il mancato versamento all’effettiva proprietaria della provvista di denari ricavata dalla compravendita immobiliare è circostanza, oltre che non provata, anche ininfluente perché afferente ad un contenzioso ordinario con un soggetto terzo estraneo alle odierne parti in causa, peraltro sulla base di una procura fornita (e non revocata) dalla stessa odierna ricorrente.

In definitiva, la domanda attorea deve essere rigettata”.

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